C’è anche il sindaco di Benevento Clemente Mastella alla presentazione ufficiale di Fabio Cannavaro: “Davanti a un campione del mondo e un pallone d’oro è necessario porsi con il massimo rispetto e della stima. Sono legato a Fabio da un sentimento di grande amicizia”. Per la società giallorossa prende la parola Oreste Vigorito: “Cannavaro è l’emblema del riscatto della città di Napoli e dell’Italia intera. Vuole giocare la ‘coppa dei sanniti’ insieme a noi e per questo ha rifiutato la Nazionale e altri club più prestigiosi. Siamo un popolo chiuso e diffidente ma se la gente capirà che può fidarsi ti regalerà emozioni simili alla notte magnifica di Berlino”. Infine, chi ha portato avanti la trattativa il ds Pasquale Foggia: “Mi sono svegliato presto all’alba per farlo. Abbiamo parlato sempre e solo di calcio. Oggi sono un dirigente felice”.
Cannavaro si introduce: “Ho girato il mondo per fare altre esperienze poi ho deciso di tornare a casa. Alle spalle trovo un presidente che fa lavorare con tranquillità. La B di quest’anno è di livello e ci sono tante realtà che puntano al salto di categoria. Non sarà una sfida facile. Il nostro obiettivo lo tengo per me. Auguro a Caserta di tornare presto in pista”.
Si aspettava la chiamata del direttore sportivo Foggia e ha ricevuto qualche telefonata da parte di qualche ex compagno di squadra campione del mondo?
“Quando sei fuori monitori la situazione, devo dire che è una cosa che non mi piace di questo lavoro. L’attesa non è bella e non aiuta. Il direttore sportivo ha contattato mio fratello Paolo, poi sono stato contattato e ho accettato immediatamente. Era giusto sedersi attorno ad un tavolo e ascoltare i loro progetti, per rispetto di chi decide di credere in te. Ho preso un po’ di tempo per valutare ogni aspetto, ma dentro di me sentivo fosse un’occasione da cogliere al volo. Chiamate? Sì, stamattina ho sentito Inzaghi e ringrazio tanti colleghi che mi hanno sommerso di messaggi. Tutti hanno parlato benissimo di Benevento. Eguagliare Pippo non sarà semplice, ce la metteremo tutta”.
I numeri dicono che il Benevento segna pochissimo pur disponendo di giocatori validi. Che idea s’è fatto?
“Ho visto tutte le partite, nel reparto offensivo ci sono calciatori in ritardo di condizione e anche per questo mister Caserta ha provato un sistema di gioco differente. L’obiettivo primario è recuperare tutti fisicamente, proponendo una idea di gioco valida che esalti le loro caratteristiche. In area non possiamo arrivare con due giocatori, dobbiamo essere positivi e attaccare anche a costo di prenderci qualche rischio. Il morale è basso, solitamente un cambio di guida tecnica produce una reazione. Vedremo”.
Cosa ha imparato dalla sua esperienza all’estero?
“La scuola allenatori italiana è di primo livello, ma non dobbiamo essere presuntuosi ed è sempre importante apprendere da colleghi che lavorano all’estero. Già da calciatore sono cresciuto tanto quando sono stato in Spagna. Vi faccio un esempio: nello spogliatoio erano abituati a sentire la musica, a me questa cosa spiazzava. Invece mi resi conto che aumentavano adrenalina e concentrazione. Il calcio è un gioco, in fondo i ragazzi giocano a calcio. E’ un lavoro, certo. Con responsabilità importanti e un pubblico a cui dare conto. La gente vuole vedere scaltrezza, voglia di vincere il contrasto. Ora tocca a noi trascinare i tifosi. Vedere uno stadio vuoto non è bello e non aiuta. Sta a noi riportare tutti dalla nostra parte”.
C’è qualcosa che la stimola in particolare?
“La possibilità di confrontarmi con questo presidente e con questo direttore sportivo. Creare un rapporto di simbiosi è fondamentale”.
Quando vedremo il Benevento di Cannavaro?
“Spero nel più breve tempo possibile, lavorare con gente che è qui da tempo per me sarà un aiuto”.
Campionato di B di alto livello, è d’accordo?
“Ci sono rose importanti, è evidente. C’è chi è partito forte, chi proverà a risalire. Il Benevento ha qualità, io devo recuperare quei calciatori che sono arrivati alla fine e che sono fuori condizione. La crescita dei singoli è a vantaggio del collettivo, occorrerà una gestione diversa per ciascun elemento. Capello diceva che occorrono dieci gare per essere al top”.
Domanda per Vigorito. Come analizza questo momento?: “I troiani persero la guerra perchè non immaginavano ci fosse un cavallo che remava contro. Col senno del poi dovevo esonerare l’allenatore 4 mesi fa, ma comunque voglio ringraziarlo pubblicamente. Il calcio è una cosa meravigliosa perchè torto e ragione non esistono, ora non ha senso parlare di passato ma è necessario guardare avanti. Ieri e domani sono gli unici due giorni in cui non si può fare niente, io lavoro per il presente e per l’oggi. Sperando che il motto “Insieme” che ha accompagnato la campagna abbonamenti possa fare la differenza come accaduto in passato. Si vince e si perde insieme, vorrei vedere quest’entusiasmo e le sale piene anche quando ci saranno momenti bui e scenderemo in campo davanti ad appena mille spettatori. Stamattina sono stato al campo d’allenamento e ho chiesto al mister di cosa avesse bisogno. Sono rimasto sorpreso della serenità di un giovane-vecchio che ha un entusiasmo importante. Da me non sentirete mai analisi tecniche, io mi baso su valori umani. Non mi ha chiesto di riparare lo stadio laddove non funziona nè spogliatoi più belli ma una struttura idonea alla crescita del Benevento. Sono certo che andremo molto d’accordo, a pelle avverto sensazioni positive che confermo giorno dopo giorno”.
Si torna a Cannavaro, domanda sul momento del calcio italiano: “A volte si va appresso alle mode. Vogliamo essere spagnoli, poi guardiamo gli inglesi. Questo è un limite, purtroppo non sappiamo vendere bene il nostro prodotto. I nostri concetti sono chiari, ogni cultura ha le sue caratteristiche. Prima era impensabile che in un settore giovanile ci fossero tanti stranieri. E’ troppo tempo che non andiamo ai mondiali, la gente all’estero è sorpresa e si fa delle domande. E dico: è passato quasi sotto traccia, il realtà è un vero e proprio dramma. Chi indossa quella maglia ha la responsabilità delle quattro stelle e occorre trovare soluzioni”.
Cosa si aspetta da questa esperienza?
“Ho smesso di giocare a 36 anni e ho iniziato a studiare anche come allenatore e direttore sportivo. E’ un lavoro che mi piace, forse qualcuno non sapeva neanche fossi un tecnico e che avessi trovato panchina all’estero. Sin da piccolo avevo l’abitudine di segnare su un quaderno pregi e difetti di ogni allenatore e di ciascun sistema di gioco. In Asia ho riordinato le idee, aggiungendo progressivamente qualcosa di mio. La sintesi è: voglio vincere giocando bene. Giocavo in difesa, ma non voglio una squadra che attenda per ripartire. Voglio un passo avanti e non uno indietro”.